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Antonio Miani e Anna Monteleone

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PANORAMICA

Tiglieto, trae origine, come è facilmente intuibile dai numerosi tigli presenti, che un tempo e ancora oggi si trovano, presso la “piana della Badia”.

Tracce della presenza del paese si trovano già ai tempi dei romani, quando la zona era definita Civitacula.

Divenne comune autonomo nel 1779 e la sede era a Badia, tra le mura del vecchio monastero, dove vi rimase fino ai primi anni del XX secolo, quando nuove esigenze portarono al trasferimento del Municipio, delle scuole, della parrocchia, della posta e di altri servizi.

A Tiglieto non esiste un centro storico vero e proprio, un nucleo originale attorno al quale sono nate le varie frazioni o meglio, un tempo questo nucleo era la Badia, oggigiorno il "centro" non è molto difforme dalle altre località che compongono il Comune: case e cascine, nuove e antiche, sono vicine ma nello stesso tempo lontane le une dalle altre.

Ci si trova dinnanzi ad una miriade di località: Casavecchia, Monte Rosa, Costa Azzurra, Belvedere, Montecalvo, Bianchina, Case Aito, Vrigna, Bricco, ecc. che costituiscono il Comune.

I nomi delle strade, così come i civici sono poco noti, il nome della località è il vero indirizzo.

 

 

UN PO' DI STORIA

 

Attraverso Tiglieto, passavano un tempo molti commerci tra l'Alessandrino ed il mare.

Il duca di Mantova Guglielmi, allora padrone del Monferrato, pensò di  impadronirsene per poter imporre un dazio a tutte le merci transitanti.

Con qualche pretesto, ed approfittando delle contese sorte tra Ponzone, sua terra, e Sassello, a cui Tiglieto apparteneva, nella notte del 12 luglio 1583 fece occupare il paese dai propri soldati, i quali si introdussero nel Monastero, sfondando le porte di accesso ed installandovisi, incuranti della scomunica inflittagli dall'allora abate Bianchetti che vi risiedeva su incarico del Papa.

I soldati, erano arrivati con un piccolo esercito di muratori e braccianti, che incominciarono a costruire un fortino e la casa dei doganieri.

Ma i feudatari di Sassello, non stettero con le mani in mano e sollecitarono l'intervento dei soldati della Repubblica di Genova, che con l'aiuto dei tiglietesi si impadronirono degli edifici in costruzioni.

I circa cento soldati del duca si barricarono allora nel monastero, ma dopo tre giorni di assedio e dopo l'intervento dell'artiglieria, si arresero.

Questo conflitto inasprì i rapporti tra il Duca e la repubblica di Genova.

Le tensioni andarono avanti per anni sino al 1609, quando il conte Gian Battista del Carretto di Millesimo, divenuto vicario imperiale in Italia e governatore di sassello, definì le antiche discordie.

Alcuni anni dopo troviamo però i tiglietesi combattere con quelli dell'Olbicella, frazione di Cassinelle, per la disputa dell'uso e della proprietà di una regione detta Pian del Fò.

Anche in questo caso: uccisioni, rapimenti, rapine, rappresaglie sino a quando il re di Sardegna, venuto in possesso anche del Monferrato, convenne di far cessare la questione e di concerto con la Repubblica di Genova, elessero a loro rappresentanti rispettivamente il maggiore Willencourt ed il Capitano ingegnere Tallone.

I due nel 1731 stilarono delle precise mappe dei luoghi del contendere e quindi riuscirono a definire la maggior parte delle questioni.

La pace fu favorevole a Tiglieto perchè riuscì ad avere più terre per il pascolo.

Eppure non erano ancora sufficienti per quel tempo.

Il Marchese Giulio Raggi, nel 1780 ottenne che il comune di Sassello, di cui Tiglieto faceva sempre parte, permutasse una porzione di terreno in località Giaffarda con un altra che cedeva Tiglieto verso Ponzone.

E così Tiglieto ebbe un altro pezzo di buona terra da dedicare al pascolo.

Gli abitanti di Tiglieto, godettero di molta libertà da parte dei loro signori patrizi genovesi, per cui li ritroviamo a combattere sotto le insegne della Repubblica di Genova in varie guerre, nel 1672 e specialmente negli anni 1746 e 1748.

A fine febbraio del 1747 gli austriaci occuparono Tiglieto, insediando truppe nella chiesa, nel palazzo e nell'attigua cascina, fortificandole con barricate e trincee. Appresa la notizia, il cav. Gerolamo Balbi, uno dei maggiori comandanti Genovesi, inviò il capitano Lelio Peretti, del reggimento corso, e l'alfiere Paoli ad esplorare la zona.

Ma sul percorso le truppe del Peretti furono accompagnate da altre truppe che cercavano di trarre qualche vantaggio dalla presa della Badia.

L'assalto avvenne l'11 marzo e si concluse vittoriosamente per i genovesi nonostante i timori per l'arrivo di rinforzi al nemico che occupava già Rossiglione e Campoligure (allora Campofreddo).

Vennero fatti prigionieri 160 austriaci.

La storia narra di vari altri scontri tra abitanti dell'Olba e tedeschi o francesi o austriaci.

 

LA STORIA DELLA BADIA E LA SUA FONDAZIONE

Per raggiungere la Badia di Tiglieto (indicata con la lettera A), il cui vero nome tuttavia è Abbazia di Santa Maria, occorre, superato l’abitato di Casavecchia (sede del Municipio, indicata con la lettera E) continuare a percorrere la strada provinciale che collega Tiglieto con il comune di Urbe (indicata con la lettera C).

Attraversato il ponte sul fiume Orba si potrà notare sulla propria destra l’antico ponte romanico, attualmente percorribile solo a piedi, e subito dopo si incontrerà il bivio con la strada che porta ad Olbicella (indicata con la lettera B) e un piccolo spiazzo.
Da qui si può già ammirare il campanile della Badia.

Lo sterrato è breve, circa 400 metri, ma consente di ammirare tutta la piana, un paesaggio che ben pochi si aspetterebbero di trovare in mezzo a questi monti.

Arrivati nei pressi del complesso si potrà ammirare lo splendido bosco di cedri, abeti, larici, tassi e platani colossali che costituiscono una parte dell'ex edificio abbaziale, che d'estate viene abitato dalla Marchesa Camilla Salvago Raggi, proprietaria dell'intera area.

La zona a destra della foto (indicata con la lettera D) è il monte.

Il complesso monumentale di Badia fu fondato, nel 1120, da Pietro abate del convento di La Ferté, della diocesi di Chalons su Saone, e fu la prima comunità cistercense al di fuori del territorio francese.

E' risaputo che le comunità cistercensi non costituivano soltanto luoghi di preghiera, ma attraverso il lavoro agricolo e l’applicazione delle varie tecniche a loro conosciute, realizzavano centri che contribuivano allo sviluppo economico del territorio e contemporaneamente lo connotavano fortemente dal punto di vista fisico.
I segni di queste trasformazioni cistercensi sono evidenti: la piana, dominata al centro dall’Abbazia, oggi prato, era allora intensamente coltivata, lo si può notare dall'andamento dei vari prati, modellati a schiena d'asino per far defluire le acque meteoriche; ai margini delle aree coltivate, le zone destinate a pascolo, che tendono ormai a confondersi col bosco circostante, a causa dell’avanzare del cespugliato; il bosco, oggi in gran parte abbandonato, forniva il legno necessario alle attività agricole.

Anche l'Abbazia, quantunque sia rimasta integra nei suoi elementi essenziali (chiesa, convento, chiostro, refettorio, edifici agricoli) denota le profonde trasformazioni strutturali succedutisi nel tempo.

L'Abbazia è costituita, a nord, dalla chiesa, con l’asse principale orientato da ovest ad est; ortogonale a questo edificio, sul lato est, si trova l’edificio conventuale, da cui si diparte il volume già destinato a refettorio; nel complesso, chiesa, convento e refettorio racchiudono i tre lati del chiostro; sul quarto lato, e nelle immediate adiacenze, altri volumi destinati ad uso agricolo.

 

 

DALLA FONDAZIONE AL XIII SECOLO

 

Nel 1132 Papa Innocenzo II conferma la fondazione sotto la regola di S. Benedetto, modificata secondo quella dei Cistercensi e concede al Monastero vari privilegi, che vennero confermati nel 1186 anche da Papa Urbano III, con bolla inviata a Nicolò, abate del Monastero.

Anche vari Imperatori del tempo concessero vari privilegi, da Arrigo V a Ottone IV a Enrico VII.

Se ne deduce che la Badia era tenuta in grande considerazione ed era molto influente sulle vicende storiche del tempo.

Dalla Badia i monaci partirono per fondare altre abbazie come Lucedio, Casanova, Staffarda, Castagnola.

I monaci di Tiglieto avevano l'amministrazione delle Pievi di Ponzone e di Molare e possedevano le chiese di Varazze, di S. Leonardo presso Alessandria, Capriata e Castelletto d'Orba vicino ad Ovada.

E' molto probabile che questo periodo di grosso splendore fosse supportato dalla presenza di S. Bernardo che la tradizione vuole che abbia nel 1133 scritto proprio a Tiglieto la lettera al popolo di Genova, in cui esortava a perseverare nelle opere di pietà, nella devozione alla Santa Sede e nella difesa della religione.

 

 

DAL XIII AL XVIII SECOLO

 

Il complesso degli edifici ha subito, nei secoli, una serie di vicissitudini legate alle vicende storiche ed agli assetti proprietari; nel 1442 il monastero cistercense fu soppresso da papa Eugenio IV, perdendo l’autonomia divenne "Commenda"; nel 1648, il cardinale Lorenzo Raggi, ottenne da Papa Innocenzo X la Badia in enfiteusi perpetua; con l’avvento della famiglia Raggi, tra il Sei e il Settecento, nell'Abbazia sono state avviate una serie di profonde trasformazioni che ancora oggi vediamo:

 

  


il corpo del convento è state trasformato in abitazione, sopraelevandolo di un piano ed è stato costruito l'attuale campanile; la chiesa è stata profondamente modificata, invertendone l'orientamento (la facciata originaria divenne l'abside, e viceversa), la tradizione dice che venne ucciso un monaco mentre celebrava la S. Messa, e così per dimenticare il terribile episodio si decise di invertire il posto dell'altare; l'originaria copertura a capriate lignee della navata centrale è stata sostituita da una volta a botte, mentre le navate laterali sono state coperte con volte a crociera; nei secoli successivi il chiostro ha subito un progressive degrado, con la completa sparizione delle tre gallerie, sostenute da colonnine, ed addossate alla chiesa, al convento ed al refettorio, si possono infatti notare nei muri dei tre edifici di cui sopra gli spazi lasciati dalla presenza delle travi di legno che coprivano il chiostro; la navata laterale destra della chiesa è stata sopraelevata; quella sinistra parzialmente demolita e sostituita con un edificio che ospitava il Comune di Tiglieto.

 

 

   

 

Un tempo infatti il Comune di Tiglieto si identificava con la Badia, qui c'era il palazzo comunale, la scuola, l'ufficio postale.

 

 

PONTE ROMANICO

E' un monumento che potremmo associare al vicino complesso della Badia.

Di epoca romanica, è stato restaurato 7/8 anni fa con l'apporto determinante del Comune di Tiglieto.

Per raggiungerlo basta seguire la strada provinciale che collega Tiglieto con Urbe-Sassello.

Poco prima di arrivare al bivio per la Badia, percorrendo il ponte in cemento armato sull'Orba, alla nostra destra possiamo già ammirarlo.

Si presenta interamente in pietra di serpentino,con una struttura possente e con cinque arcate di cui quella centrale è la più grossa (alta circa 20 metri).
Noi consigliamo di lasciare l'auto dove la si lascia anche per visitare la Badia e di ripercorrere a piedi la strada provinciale verso Tiglieto.

Attraversato il ponte della provinciale, sulla sinistra c'è una strada sterrata. Imboccando questa strada, facilmente riconoscibile anche per il segnavia apposto dalla F.I.E. (Federazione Italiana Escursionisti) costituito da un cerchio giallo barrato orizzontalmente, dopo circa 100 metri ci troviamo di fronte al maestoso rovere che si trova all'imboccatura del ponte.

Il ponte è tutto lastricato in pietra.

 

 

Attraversato il ponte , sull'altra sponda si trova un cippo con una scritta: Anno a partu Virginis MDCLXVII.

 

 

Molti ritengono che il 1667 non sia la data della edificazione ma piuttosto quella del suo ripristino.

Poco prima di incontrare il cippo si passa tra due colonne quasi a delimitare un ideale portale d'ingresso nel complesso della Badia.

Ed in effetti si incontrano subito una casa colonica, il mulino nuovo ed una cappelletta.

La strada sterrata prosegue e dopo poco si sbuca sulla strada asfaltata per Olbicella ma soprattutto si può ammirare tutta la piana della Badia con l'Abbazia sullo sfondo.

 

LA CROCETTA

Il giusto titolo della pagina dovrebbe essere la Crocetta e il Monte Calvo.

La Crocetta è il passo a 636 m. s.l.m. che si percorre normalmente in auto visto che è posto sulla provinciale Rossiglione Tiglieto, mentre il Monte Calvo con i suoi 740 m. s.l.m. è il punto panoramico per eccellenza e si può raggiungere solo a piedi.

Sulla vetta del Monte Calvo è stata posata una croce di ferro alta circa 2,5 metri.

La pietra ai piedi ella croce riporta i simboli dei diversi segnavia dei sentieri segnati dalla F.I.E.

 

 

 

Dal Monte Calvo si gode un panorama completo: ad Est, il Monte Dente e la strada panoramica delle Vasche; a Nord, la Valle Gargassa e la strada panoramica delle Ciazze che scende verso Rossiglione; ad Ovest, le colline dell'Ovadese con la Costa d'Ovada e Tagliolo Monferrato; a Sud, Tiglieto, la Valle dell'Orba, la Piana della Badia, Il Monte Beigua.

 

CHIESA PARROCCHIALE

E' intitolata a San Bernardo e alla Madonna Assunta.

Venne ultimata nel 1934.

E' in pietra locale a faccia vista tranne che per ciò che concerne la canonica che è sempre stata realizzata in pietra ma intonacata e con infissi esterni finiti con persiane alla genovese.

 

 

L'interno è diviso in tre navate.

Nelle due navate laterali sono collocati gli altari dedicati alla Madonna di Lourdes, al Sacro Cuore di Gesù, alla Santa Croce e a S. Bernardo.

La chiesa è caratterizzata dagli affreschi di Dalle Ceste: il primo, nella volta del presbiterio raffigura l'Assunzione di Maria in cielo tra quattro Santi, Pietro, Paolo, Bernardo e Francesco; il secondo, nell'abside, raffigura la Passione di Cristo.

Per arredare la chiesa, vennero prelevati tutti gli arredi dalla Badia.

I due antichi confessionali in legno sono una delle più evidenti testimonianze di questo "trasloco".

Anche l'altare maggiore, realizzato con stupendi marmi policromi e sormontato dalla statua dell'Assunta, di scuola genovese del Settecento, proviene dalla Badia.

Per finire questo piccolo inventario di arredi un tempo presenti alla Badia, sono degni di nota: le due acquasantiere a forma di conchiglia, sorrette da una testa d'angelo, e posizionate ai lati della navata centrale; sopra la loggia laterale di destra, l'organo della scuola italiana dell'Ottocento, realizzato nella bottega dei fratelli Scolari nel 1876; la Croce trilobata, posta a lato dell'altare maggiore e riportante il giglio di Firenze, forse un dono dei Medici ai marchesi Raggi.

Appena entrati in Chiesa in questo periodo, sul lato destro si trova uno stupendo plastico raffigurante il complesso della Badia e realizzato dall'Associazione Amici del Presepe di Rossiglione.

La campana maggiore sul campanile della Chiesa, pesa 532 kg.

Il manufatto, come testimonia la foto è stato sollevato tramite funi, argani ma soprattutto braccia di tiglietesi.

 

ACQUABUONA

La prima edificazione della Cappella di Acquabuona risale intorno al 1700.

Una testimonianza la si trova nel registro delle visite pastorali dei Vescovi: il 5 settembre 1699 l'allora vescovo, mons. Guido Gozzano relaziona:"Vi è la chiesetta campestre di San Gottardo, lontana circa un miglio dall'Abbazia. Ben provvista di tutte le cose necessarie sia per l'altare che per la celebrazione della S. Messa".

Altre relazioni citano la Cappella: la visita di mon. Marucchi del 29 agosto 1752, la relazione del parroco Don Bottero del 22 maggio 1872 sino ad arrivare alla relazione di Don Domenico Forti del 18 settembre 1892: "Vi sono due chiesette campestri: una in Acquabuona sotto il titolo di San Gottardo, proprietà del dott. Giulio Zunini e una in località Vrigna dedicata a N.S. della Guardia. La famiglia Zunini, oltre alla copia di locazione perpetua del 6 luglio 1677 e atto notarile del Notaro Francesco Badano di Sassello in data 17/1/1834, possiede pure un Rescritto Pontificio che concede la celebrazione della Messa Solenne di San Gottardo, in data 14/8/1869 e un Breve Pontificio, data 26/8/1825, circa la autenticità della Reliquia di San Gottardo. Il dott. Pier Giulio Zunini ma ha fatto dono di un piccolo libricino: Ristretto della Vita di San Gottardo,Vescovo stampato ad Oneglia nel 1855 e dedicato Al Signor Pier Francesco Zunini che il culto di San Gottardo in Acqua-buona con operosa devozione promuove sostiene ingrandisce."

Ma il 13 agosto 1935 ci fu una disastrosa alluvione, e la Cappella di San Gottardo scomparve.

L'alluvione fu così tremenda che crollò la diga di Molare.

Gli abitanti dell'Acquabuona però si diedero da fare ed il 7 agosto 1949 venne benedetta la prima pietra per arrivare al 20 agosto 1950 giorno della benedizione della Cappella.

Nel corso degli anni il desiderio degli acquabuonini è stato quello di voler rendere sempre più bella la loro cappella.

A fine del 1997 la cappella è stata chiusa per lavori di restauro e nel 1998 è stata riaperta da una S. Messa celebrata dall'attuale Parroco Don Carlo Pastorino.

Oggi si presenta con il pavimento interno completamente rifatto in marmo bianco e rosso e con l'altare in marmo rivolto verso l'Assemblea dei fedeli così come prescritto dal Concilio Vaticano II.

Ma i lavori non si fermano.

Sotto la tettoia è esposto il progetto che il Parroco e gli abitanti dell'Acquabuona stanno portando avanti: costruire una piccola casa canonica con la sacrestia.

 

VRIGNA

La cappella venne eretta da Don Antonio Pesce, in memoria e per desiderio di sua mamma, intitolandola alla Madonna della Guardia.

 

 

Sulla lapide ricordo sta scritto: A perenne memoria di Carolina Pesce che in unione ai figli: sacerdote Don Antonio e Angela, e a ricordo del diletto marito e consorte Ambrogio ideò e fece erigere questa cappella dedicata a Nostra Signora della Guardia e a S. Carlo. L'anno del Signore 1924”.

Ogni anno vi si tiene la novena in occasione della ricorrenza: 29 agosto, che termina alla sera con la processione.

La cappella è piccolissima e dista circa 150 metri dalla strada provinciale ed è di proprietà della famiglia Pesce.

Durante i mesi invernali non viene celebrata la S. Messa.

 

PARCO NATURALE DEL BEIGUA

Il titolo ed i loghi sono tratti dalla pagina dedicata al Parco del Beigua inserita nel sito italiano dei Parchi e rappresentano rispettivamente, il primo il Parco del Beigua ed il secondo i parchi regionali liguri.

Il Parco del Beigua è un’area verde di 18.000 ettari posta a cavallo tra la provincia di Genova e Savona, ricca di cime tutte superiori ai mille metri, di boschi che ne coprono più della metà, praterie d’alta quota, rocce che raramente si trovano in superficie, corsi d’acqua limpidi e impetuosi, splendidi paesaggi e testimonianze storiche.

Ne fanno parte i comuni di Tiglieto, Rossiglione, Campoligure, Mele, Arenzano, Cogoleto, Varazze, Stella, Sassello, Urbe.

Dal punto di vista geologico il massiccio del Beigua appartiene alle Alpi, anche se geograficamente inserito negli Appennini, perché la sua origine coincide con quella della catena alpina.

Circa 150 milioni di anni fa gli antichi continenti europeo e africano cominciarono ad avvicinarsi tra loro stritolando e innalzando i fondali dell’oceano interposto e creando l’edificio montuoso delle Alpi.

Testimonianza del punto d’incontro tra i due continenti è appunto il massiccio del Beigua con le sue tipiche rocce metamorfiche, le ofioliti, comunemente chiamate rocce verdi per la loro caratteristica colorazione.

Queste sono rocce con un alto tenore di magnesio che le rende tossiche per molte piante, ma alcune specie hanno saputo sopravvivere come ad esempio la profumatissima Daphne odorosa, piccolo fiorellino rosa a quattro petali, diventata simbolo del Parco.

La cima più alta è quella del monte Beigua con i suoi 1.287 metri ed è la vetta principale del massiccio montuoso a cui dà il nome che si estende per 25 km tra il Colle del Giovo e il Passo del Turchino.

Il Parco è la meta ideale per splendide passeggiate sugli oltre 500 km di sentieri segnati con segnavia gialli sul versante a nord e con segnavia rossi sul versante a sud.

Affascinante è il tratto dell’Alta Via dei Monti Liguri che attraversa il Parco e corre parallelamente allo spartiacque principale del massiccio.

La breve distanza delle cime del massiccio dal mare, soli 6 km, permette di avere splendidi panorami e nelle giornate più limpide è possibile ammirare verso levante tutta la costa sino a Genova, il promontorio di Portofino, l’isola del Tino e della Palmaria; a ponente si spazia su Varazze, il porto di Savona, l’isola di Bergeggi e Capo Noli; a sud si intravedono le coste della Corsica e a nord la Pianura Padana con sullo sfondo le Alpi.

Il versante costiero, passando da zero a 1287 metri in soli 6 km, è estremamente ripido e dirupato coperto in massima parte dalla tipica macchia mediterranea; dato il ridotto spessore del terreno, nel tempo dilavato dagli abbondanti e impetuosi corsi d’acqua, sono frequenti gli affioramenti rocciosi che in alcuni casi assumono forme curiose come il fungo sopra Arenzano.

La zona di crinale è invece ricoperta da estese praterie, create presumibilmente dall’uomo con il disboscamento, che offrono bellissimi panorami e consentono la crescita di molte specie protette di orchidee e piante tipiche delle Alpi.

Inoltre le rocce più in alto sono l’ambiente preferito dal Biancone, rapace diurno, per la nidificazione.

L’ampia visuale permette di osservare altri rapaci in volo come la Poiana e il Gheppio.

Il versante Padano, invece, presenta pendii dolci e ondulati ricoperti da boschi misti di castagno e di faggio.

In questi boschi freschi e ricchi di acqua vivono diverse specie di animali come il cinghiale e il capriolo.

Numerose sono inoltre le testimonianze preistoriche della presenza dell’uomo; sono infatti molto diffuse le incisioni rupestri, è stata ritrovata una via megalitica lastricata che porta a un recinto di pietre verticali orientato verso il monte Greppino ed è stato scoperto un riparo sottoroccia utilizzato dall’uomo del Neolitico medio e dell’età del bronzo.

Numerosi sono anche i musei disseminati sull’area del parco che danno testimonianza delle tradizioni contadine, delle attività umane e della storia geologica locale.

 

 

PRODOTTI TIPICI LOCALI

 

Il territorio del Comune di Tiglieto si contraddistingue per diverse produzioni locali.

La particolare situazione climatica favorisce la coltivazione dei frutti di bosco in modo tradizionale senza prodotti chimici, sia nella concimazione che nella difesa delle piante, ottenendo un prodotto sano, genuino e particolarmente gustoso.
Le produzioni sono stagionali.

Il prodotto viene raccolto al punto giusto di maturazione e giornalmente trasformato e distribuito per poterne meglio assaporare il gusto e i profumi.

Un' accurata lavorazione consente di mantenere intatte tutte le proprietà e la fragranza dei prodotti appena raccolti.

Si è ripresa anche la tradizione di allevare capre e produrre formaggi.

 

 

Recuperando le ricette della nonna, organizzando l'allevamento nel pieno rispetto della salute dell'animale, secondo le moderne tecniche e seguendo le norme igienico sanitarie produciamo formaggio di solo latte caprino dal gusto unico e delicato.
Partendo dall'alimentazione delle capre, fino al Caglio, si utilizzano solo prodotti naturali di origine vegetale tali da dichiarare che il nostro formaggio può essere gustato a pieno titolo anche dal Consumatore Vegetariano.

L'ambiente nel quale si trovano i nostri alveari è incontaminato, caratterizzato anche da estesi boschi di latifoglie, prati, pascoli e dalla completa assenza di fonti di inquinamento ambientale quali zone industriali ed aree agricole dedicate a coltivazioni intensive.

I mieli che vi si producono, in quantità limitate, sono ottenuti esclusivamente dalla centrifugazione dei favi e non sono sottoposti né a trattamenti termici né a filtrazione spinta.

La lavorazione, il confezionamento e la vendita vengono effettuati direttamente presso le sedi di produzione, ove è possibile, su appuntamento, degustare i prodotti o assistere alle fasi di lavorazione ed estrazione del miele.

 

 

TRADIZIONI POPOLARI

 

Ogni paese ha le sue tradizioni e Tiglieto, ne ha una, centenaria: i boscaioli.

Tutto il territorio del comune è in gran parte coperto di boschi da qui partivano i legni per i cantieri navali della Liguria.

Soprattutto negli anni a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, molti boscaioli emigrarono da qui verso la Francia per esercitare questa dura professione.

Oggi non sono molti quelli che ancora fanno di mestiere i boscaioli, ma la tradizione si è mantenuta viva.

 

                     

 

Ad Agosto, nei pressi della Badia, i boscaioli di Tiglieto organizzano “il pentathlon del boscaiolo” dove varie squadre provenienti sia dalla Liguria che da altre regioni si sfidano in cinque prove di abilità.

Altra tradizione popolare è la manifestazione che si svolge l'ultimo lunedì di Agosto, nelle vicinanze della festa di S. Gottardo, santo protettore della frazione di Acquabuona.

A questo santo è infatti dedicata la chiesina della località e la via principale che la attraversa.

I festeggiamenti iniziano il sabato prima e proseguono alla domenica per concludersi al lunedì con appunto, “il polentone”.

La cottura della polenta inizia alle 14.30, ora in cui vengono accesi i fuochi, rigorosamente a legna sotto diversi paioli.

In alcuni verrà cotta la polenta, mentre in altri verranno preparati i condimenti che verranno serviti con essa: spezzatino di carne o fonduta di formaggi.

Ad uno ad uno i paioli vengono portati vicino ad un grosso tavolato rettangolare e qui sopra viene colata la polenta e stesa.

I partecipanti alla manifestazione divisi in due file, passano accanto a questo tavolato e presentando il contenitore gli viene riempito prima del prezioso alimento e poi del condimento.

 

  

 

Alcuni si portano da casa la pentola, e lì ritornano per consumarla.

Altri si appoggiano all'organizzazione e si fanno dare piatti e posate e usufruiscono dei tavoli messi a disposizione.

 

 

Pro Loco Tiglieto (Ge)

E-mail: proloco@tiglieto.it

Piantina Tiglieto

 

 

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Ultimo aggiornamento:  10-01-08                                Copyright 2003-2008                         Per info contattare il  Webmaster