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Diego Buda - AA. VV.

 

Premessa

Il traghetto ha appena lasciato il Continente, la Sicilia si avvicina e l’odore del mare inizia a confondersi con quello delle zagare. Un’atmosfera vaporosa ci assale, il vento di scirocco si insinua nei nostri pensieri, stiamo giungendo in una nuova dimensione, pressoché astratta, terra prediletta di Eolo e di Efesto, stiamo per sbarcare nell’Isola del Sole.

E’ Messina a fare gli onori di casa, un’accoglienza di tutto rispetto. Il suo profilo spicca tra il blu quasi violaceo dello Stretto ed i verdi rilievi dei Peloritani. All’imbocco del porto la Madonnina saluta il viaggiatore, entusiasta del suo arrivo o malinconico per un precoce addio. Dai contrafforti collinari i santuari di Montalto e Cristo Re vegliano sulla città, come baluardi di carità posti a curare ogni ferita. Tra le “finestre” delle cortina portuale si intravedono prima le eleganti forme del Vittorio Emanale, poi l’imponenza neoclassica di palazzo Zanca; sullo sfondo di questo quadro idilliaco si elevano il campanile del duomo e le absidi di S. Francesco, quindi le cupole di S. Maria Valverde e S. Antonio Abate.

Le limpide acque del porto, delimitate dalla penisola falciforme di S. Raineri, sono rigate dalle scie di navi dalle mille bandiere, dai perpetui ferry-boat e degli aliscafi che fanno la spola tra le rive del Fretum Siculum. Un incredibile fermento sembra investire questi ameni lidi, ma, appunto, è solo un’apparenza. Come la Fata Morgana che inganna lo sfortunato viandante, un’altra realtà, più o meno statica, si cela dietro il continuo rimescolarsi delle correnti marine.

Messina, e con essa tutta la terra di Sicilia, è luogo dai tempi compassati. Non gli appartengono i ritmi frenetici e convulsi, o meglio, gli appartenevano. I barili allineati sul molo in attesa di essere stivati sono solo un ricordo, oggi Messina vive beandosi della rinfrescante granita di caffé e delle succulente braciole di pescespada. I suoi abitanti danno per scontato di vivere in un posto unico al mondo e la città, parafrasando De Amicis, “allunga le sue ali bianche lungo il mare” appagandosi con la sua bellezza, senza chiedere nulla di più.

 

Il mito

Come ogni luogo in cui la presenza dell’uomo si è protratta nei secoli, Messina trova il suo elemento primordiale nel mito. Tra le tante leggende che si intrecciano, fondendosi, con quella dell’estrema cuspide peloritana, una in particolare ci collega direttamente all’evento primigenio della città: si tratta della leggendaria rivolta dei Titani, istigati da Gaia, la Madre Terra, nei confronti del padre Urano. Alla testa della sollevazione vi è il più giovane dei fratelli, Crono, che con una falce evira il padre nel sonno, gettandone poi gli attributi sessuali nel mare. Lì getta pure la falce, dalla quale però sfuggono delle gocce del sangue di Urano le quali, cadendo sul ventre di Gaia e fecondandola, daranno origine alle terribili Erinni. Ma anche dalla falce sorgerà nuova vita: essa scagliata in mare si trasformerà nella città di Zancle, con il significato, appunto, di "falce", in riferimento alla forma del braccio sabbioso che chiude il grande porto naturale. La “falce cronia”, come scrive Callimaco, l’antica Messina.

 

Le origini e la città greca

Sin dall'epoca neolitica (4000 a.C.) l'uomo ha abitato il territorio messinese, in prossimità di Capo Peloro e nella penisola falcata di San Raineri, con una concentrazione avente i caratteri di villaggio capannicolo, nell'area delimitata, oggi, dalla via Primo Settembre a nord, via La Farina ad est, via Santa Cecilia a sud e dalla via Cesare Battisti ad ovest. I Siculi, verso il 1270 a .C., si stabilirono su questa sponda dello Stretto attribuendole il toponimo di Zancla o Zancle. Lo stesso sito viene colonizzato tra il 770 e il 757 a.C. come uno dei primi nuclei della Magna Grecia, dando vera forma di città a questi insediamenti sparsi. Secondo Tucidide i primi abitanti provenivano dalla colonia calcidese di Cuma (guidati da Periere) e dalla stessa madrepatria Calcide, situata nell'isola greca d'Eubea (condotti da Cratemene). Sorprendentemente Zancle corrisponde all’ideale di città tracciato da Ippocrate: esposta ad Oriente, areata dai venti, cinta da monti boscosi, bagnata da acque dolci e salmastre, esposta alle correnti marine ma da queste protette dall’insenatura di un ampio e profondo porto naturale. Il tessuto urbano occupò, verso la fine del VI sec. a.C., un territorio di forma semicircolare il cui diametro costituiva un fronte di un chilometro e mezzo verso nord-est e si estendeva sulla falce.

L’indole innata della città verso il commercio ed i traffici marittimi è subito evidente: come punto di raccordo stabile vengono fondate sul litorale calabrese le sub-colonie di Reghion (Reggio), di Matauro (Gioia Tauro) e di Scilleo (Scilla); sulla costa siciliana dapprima Mylai (Milazzo) e poi nel 648 a.C., più a occidente, Imera (Termini Imerese).

Da un iniziale e arbitrario regime aristocratico caratterizzato dalla “stasi”, la lotta delle fazioni, Zancle come altre colonie calcidesi, grazie all’opera legislatrice di Caronda che introduce un codice di leggi scritte, si avvia verso una forma di governo oligarchico moderato a partire dalla metà del settimo secolo. Un paio di secoli più tardi (494 a.C.), all’indomani delle vittorie di Sparta nelle guerre messeniche, una parte della popolazione di Messene, città del Peloponneso, emigra in Sicilia su invito di Anassila tiranno di Reggio e, stabilendosi a Zancle, ne cambia il nome in Messanion. Anassila ne approfitta quindi per estendere il proprio dominio su entrambe le sponde dello Stretto, ma il governo unitario delle due città finirà alla sua morte, quando Messene, nuovamente indipendente, intraprende un cammino che conduce a governi democratici. Nonostante Messina goda d’una precaria stabilità politica e sia divisa in due partiti, quello ionico e quello dorico, nel periodo ellenistico è fiorente dimora di filosofi: vi visse Senofane, maestro di Parmenide; vi nacquero Eubulo, scolaro di Pitagora, e l’ateo Evemero.

Dopo le distruzioni operate dai cartaginesi nel pieno della loro campagna espansionistica (396 a.C.), riprende l’espansione urbana che si attesta tra gli alvei dei torrenti Portalegni (attuale via Tommaso Cannizzaro) e Boccetta, inglobando a sud-ovest la collina di Montepiselli.

 

Messina romana

Nel 289 a .C. la città viene occupata dai Mamertini, guerrieri mercenari così chiamati dal nome del loro dio, Marte (in lingua osca, "Mamerte"). La loro alleanza con Roma diede avvio alla Prima Guerra Punica contro Cartagine, nel 264 a .C.

I buoni rapporti tra i romani e messinesi fanno sì che questi ultimi godano di uno stato privilegiato. Messina diventa una fortezza romana (Oppidum Civium Romanorum) capitale dell'isola (Nobile Siciliae Caput), con proprio Senato e proprie leggi autonome. Gli viene inoltre riconosciuto lo status si città libera ed alleata, formalmente indipendente, esentata dal pagamento di qualsiasi tributo (civitas libera et foederata), unica in Sicilia insieme a Tauromenium (Taormina). Durante il periodo romano l’abitato cittadino si concentra nelle aree intorno all'attuale Palazzo Municipale, nella cui corte sono stati riportati alla luce i resti del cosiddetto Antiquarium, e attraversa una fase di sviluppo urbanistico con la realizzazione di importanti arterie di traffico (la Consolare Valeria e la Consolare Pompea), di templi e ricche residenze patrizie (famosa la casa di Eio Mamertino che sorgeva sull'attuale via Primo Settembre, all'altezza delle Quattro Fontane di via Cardines, ornata di statue degli scultori Policleto, Mirone e Prassitele). Cicerone, nelle orazioni contro Verre, la definì civitas maxima et locupletissima (città grandissima e richissima).

Dopo la caduta dell’Impero d’Occidente la città rimane legata alla parte orientale e tale si mantiene fino all’invasione araba. Nel 407 l’imperatore Arcadio, grato del risolutivo aiuto ricevuto dai messinesi che lo liberarono dalla prigionia a Tessalonica (l'odierna Salonicco), elesse Messina città principale dell'Impero al pari di Costantinopoli, col titolo di “Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia”. Egli esentò la città anche da ogni imposizione fiscale e concesse allo Stratigò (capo cittadino) Metrodoro, insieme al motto Gran Mirci a Messina, un vessillo con la croce d'oro in campo rosso, insegna imperiale che da allora divenne lo stemma civico.

 

Il Medioevo

Con la caduta di Rometta, ultima roccaforte dei Bizantini, nel 965 tutta la Sicilia era stata occupata e sottomessa agli Arabi. Nel 1061, con la presa di Messina da parte di Ruggero D'Altavilla, iniziò la riconquista cristiana della Sicilia. La città rinasce, diventa clavis Siciliae (chiave di volta della Sicilia), è nuovamente crocevia di traffici. Essa è ora approdo obbligato per i Crociati in viaggio verso la Palestina, megalopolis secondo le cronache del tempo, e vive intensamente la gloriosa vita marinara del regno. Con la liberazione di Messina, vengono ricostruite e rafforzate le mura urbiche. Queste hanno avvio dal Palazzo Reale (attuale Dogana) e corrono lungo il litorale fino alla foce del torrente Boccetta. Salgono quindi lungo l'argine destro rinserrando la fortezza di Matagrifone (attuale Sacrario di Cristo Re), il colle della Caperrina (dove oggi sorge il Santuario di Montalto) e i quartieri sulla riva sinistra del torrente Portalegni (attuale via T. Cannizzaro). Scendono poi verso il mare circondando la contrada del Paraporto dove sono stabiliti numerosi mercanti stranieri interessati alle attività portuali: greci, genovesi, amalfitani, fiorentini, pisani, veneti ed anche ebrei. Si concentrano in prossimità dell'ansa portuale le funzioni caratteristiche della città: il Palazzo Reale, l'Arsenale, il Duomo, l'Arcivescovado.

E’ quindi Messina ad aprire le porte della Sicilia ad Enrico VI di Svevia nel 1194. Nel periodo svevo la città sviluppa un’intensa attività sociale e produce un ceto colto dal quale si attinge a piene mani per la formazione della elite burocratico-giuridica del tempo. Messina in questi anni sembra tentare d’assumersi l’eredità della decaduta Amalfi e configurarsi come una sorta di nuova repubblica marinara del meridione d’Italia. I suoi cittadini provano ad affermare il carattere di civitas more Civitatum Lombradiae et Tusciae, cioè di libero comune. Nondimeno nella rivolta dei Vespri è la città determinante insieme a Palermo. Invia una flotta in difesa di questa e deve poi a sua volta subire un lungo assedio: la stoica resistenza della popolazione diventerà leggenda con le donne ad essere più ricordate, le eroine Dina e Clarenza su tutte. Nel frattempo i siciliani avevano offerto la corona di Sicilia a Pietro III d'Aragona, marito di Costanza, figlia del defunto Re Manfredi di Svevia, trasformando l'insurrezione in un conflitto politico fra siciliani ed Aragonesi da un lato e gli Angioini, il Papato, il Regno di Francia e le varie fazioni guelfe dall'altro. Il 26 settembre 1282 Re Carlo, sconfitto, fece ritorno a Napoli dando inizio di fatto alla dominazione spagnola. Nel trecento la città si propone come capitale del Regno e cerca d’imporre la propria egemonia al resto dell’isola. Nel XV secolo Messina sarà ricca e colta, patria del grande Antonello, e il raggio d’azione delle sue navi andrà dal Mar Nero alle coste atlantiche del Portogallo. La città vive nel suo porto e si identifica con questo, ritenuto il migliore del Mediterraneo per ampiezza, profondità e sicurezza. Nel 1492, all'età di 22 anni, Pietro Bembo chiese al padre il permesso di potersi recare a Messina alla famosa scuola di Costantino Lascaris, che veniva ritenuto il più illustre tra i grecisti dell'epoca; il Bembo rimarrà nella città dello Stretto fino al 1494.

Messina è dunque centro obbligato dei traffici per l’Oriente, con una fiorente industria della seta, almeno fino a quando con la scoperta dell’America lo Stretto, centro nodale del Mare Nostrum, non comincerà a perdere parte della sua importanza strategica e commerciale.

 

Dal Rinascimento alla rivolta antispagnola

Agli inizi del Rinascimento il porto messinese e le sue fortificazioni rappresentano la base militare fondamentale, con il baluardo di Malta, contro l’espansione ottomana e la pirateria barbaresca. Ed è con la venuta dell'imperatore Carlo V a Messina nel 1535, reduce dalle strepitose vittorie in Africa contro i musulmani, che viene dato il via ai lavori per la costruzione di una nuova cinta muraria, iniziata nel giugno del 1537 su progetto dell'architetto e ingegnere militare Antonio Ferramolino da Bergamo. A nord viene inserito nella cortina fortificata l'abitato venutosi a formare nella zona degli "Orti di San Giovanni" (attuale Villa Mazzini); ad ovest vengono compresi il quartiere del "Tirone" e quello della "Giudecca" fino alla collina del Noviziato; ad est, infine, si include tutto il "Piano di Terranova" fra il Palazzo Reale e il mare. Il fatto urbanistico più rilevante dell'epoca è la realizzazione della strada Austria (attuale Primo settembre), in onore di Don Giovanni d'Austria reduce dalla memorabile battaglia di Lepanto del 1571 con la quale, al comando della Triplice Lega Cristiana la cui flotta era partita proprio da Messina, sconfisse definitivamente i Turchi. La nuova arteria stradale venne deliberata dal Senato messinese il 9 marzo del 1572 e realizzata dall'architetto e scultore carrarese Andrea Calamech.

Verso la metà del cinquecento nasce l’Università (seconda nell’isola a quella di Catania ed una delle più antiche in Italia), risultato di un clima culturale prodottosi in seguito all’emigrazione forzata di una serie di umanisti greci dopo la caduta di Bisanzio, ma soprattutto opera dei Gesuiti che già nel 1548, con Ignazio de Loyola, avevano fondato a Messina il primo Collegio al mondo, il famoso Primum ac Prototypum Collegium ovvero Messanense Collegium Prototypum Societatis Iesu, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i religiosi fonderanno con successo in seguito, facendo dell'insegnamento il carattere distintivo dell'Ordine. Il Collegium in seguito si trasformò nel Messanense Studium Generale, ossia l'Università di Messina. L’Ateneo, fortemente appoggiato dal Senato che vedeva nel nuovo centro di educazione superiore un’ulteriore occasione di affermazione del profilo municipale e del peso politico della città, diviene ben presto un nucleo vivace di pensiero critico.

Nel Seicento, grazie al forte del Santissimo Salvatore sulla punta della penisola di San Raineri, in grado di difendere egregiamente il porto e la città, la cortina muraria medievale lungo il fronte dell'ansa portuale viene demolita e al suo posto, dal 1622 al 1625, sorge la celebre e maestosa Palazzata, una serie compatta e continua di eleganti edifici opera dell'architetto messinese Simone Gullì. Nella prima metà del XVII secolo Messina raggiunge il periodo di massimo splendore economico, tanto da poter essere annoverata tra le dieci più grandi ed importanti città d'Europa. Nel 1638, l'Università fonda l'Hortus Messanensis, il più antico orto-botanico della Sicilia, e chiama appositamente Pietro Castelli da Roma per realizzarlo.

Ma si approssimava un evento fatale per le sorti della città. Nel 1674, la città dello Stretto si ribellò alla Spagna ma, non potendo sostenere da sola tale contrapposizione, chiese la protezione del re francese Luigi XIV, allora in lotta per egemonia in Europa, riuscendo così a mantenersi indipendente dall'impero spagnolo. Nel 1678, con la firma della pace di Nimega tra Francia e Spagna, Messina venne abbandonata a sé stessa dai transalpini e subì una crudele riconquista spagnola. Rioccupata, la città fu dichiara “morta civilmente” e privata di tutti i privilegi storici goduti sin dai tempi di Roma; fu chiusa l'Università ed venne abolito il Senato cittadino di cui se ne distrusse il palazzo, cospargendo di sale l'area in cui sorgeva in segno di disprezzo; si confiscarono e si trasferirono in Spagna alcune opere d'arte e soprattutto i preziosi documenti in pergamena contenenti le memorie storiche della città. Inoltre venne costruita una imprendibile fortezza pentagonale nella zona portuale, per tenere sotto stretto controllo militare ogni eventuale tumulto, la Cittadella.

 

Dal Settecento al terremoto del 1908

La ripresa edilizia del secolo successivo, con la formazione e il completamento di nuovi borghi oltre la cinta rinascimentale (San Leone e Ringo verso nord; Zaera verso sud) e i progetti dell'architetto Filippo Juvarra fra il 1712 e il 1720, per la sistemazione urbanistica in senso scenografico della riviera nord, trovano un ulteriore, drammatico ostacolo, il 5 febbraio 1783 quando un violento terremoto manda in rovina buona parte della città: cadono il superbo campanile della Cattedrale; il Palazzo dell'Arcivescovado; il Palazzo Reale e la stupenda Palazzata. Nel novembre del 1788, con proprio bando, il Senato cittadino informa che la ricostruzione e la creazione di nuove arterie avverrà secondo i progetti redatti dagli architetti Giovan Francesco Arena e Francesco Saverio Basile. Alla realizzazione della nuova Palazzata si giungerà, invece, nel 1809, su progetto dell'abate architetto Giacomo Minutoli.

Il secolo XIX sembra riportare la città alla dignità dei suoi momenti più alti, caratterizzandosi per intensi fermenti culturali, febbrili realizzazioni edilizie ed urbanistiche (il Gran Camposanto, il Teatro Santa Elisabetta, i Quartieri Nuovi alla Mosella), e per gli incrementi delle attività finanziarie e commerciali. Viene restaurato il porto franco, ovvero l’esenzione dalle imposte doganali per le merci da e per lo scalo dello Stretto, e riaperta l’Università. Fu Messina, con i moti del 1847 (i “Camiciotti”, subito soffocati nel sangue), ad iniziare il Risorgimento Italiano. Nel 1848 Ferdinando II re delle Due Sicilie, per indurla a sottomettersi, la bombarda per una settimana, meritandosi l’appellativo di “re bomba”. Nell’estate del 1860 molti sono i messinesi tra i “picciotti” che accorrono ad ingrossare le file dei Mille di Garibaldi, ma la cittadella di Messina, roccaforte dell’esercito borbonico, non si arrenderà che un anno dopo. Nel 1866 Giuseppe Mazzini viene eletto alla Camera dei Deputati nel collegio elettorale di Messina. Nel 1884 Elias Metchnikoff scoprì, sempre a Messina, dove si era trasferito da qualche anno proveniente dalla Russia, la fagocitosi, cioè il processo di ingestione da parte della cellula di particelle di grandi dimensioni, che fa parte anche dei meccanismi di difesa dei vertebrati contro l'infezione batterica. Per tale scoperta Mechnikov fu insignito nel 1908 del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia.

 

Messina durante il terremoto del 1908

Ma un evento ancora più terribile di ogni altra disgrazia finora abbattutasi sullo Stretto stava per accadere: all’alba del 28 dicembre 1908 una devastante scossa sismica cancella in un minuto quel percorso di crescita e di precisazione dei fenomeni urbani che aveva scandito la storia plurimillenaria di Messina. E’ un inferno quello che si scatena nella città peloritana: al terremoto succede il maremoto, la terra si spacca ed inghiotte gli esseri umani, divampano gli incendi. Muoiono 80.000 persone, più diverse altre migliaia nella vicina Calabria. Mentre le autorità sabaude latitano, i primi soccorsi giungono dagli eroici marinai di alcune navi russe presenti nei pressi, i quali compiono veri miracoli di abnegazione e di spirito di fratellanza. In pochi attimi erano state cancellate la vita e la laboriosità di un popolo, e con esso venivano perse per sempre alcune delle più belle opere d’arte ammirate nel mondo.

 

Dalla Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri

Ma come l’Araba Fenice rinasce dalle proprie ceneri, Messina risorse dalle sue macerie. A partire dagli anni Venti inizia la ricostruzione che coincide con gli anni del fascismo, tanto che la città s’identifica in parte con questo. La seconda guerra mondiale porta nuove distruzioni: il porto, sede del comando militare di Marisicilia, è ghiotto obiettivo per gli aerei alleati, con i bombardamenti che riducono nuovamente in polvere le case e l’animo dei messinesi. Con oltre 1000 vittime e la metà degli edifici distrutti o danneggiati, la città accoglie il 17 agosto 1943 le truppe angloamericane. Ancora una volta si ricostruisce tenacemente quello che la follia dell’uomo, dopo quella della natura, aveva gettato al suolo.

L’immediato dopoguerra inaugura un periodo di nuova laboriosità. Nascevano in quegli anni “La Gazzetta del Sud” per volontà di Uberto Bonino, spezzino d'origine, ma messinese di adozione, la “Rassegna Cinematografica Internazionale”, oggi con sede a Taormina, che ospita artisti di fama internazionale, mentre le industrie Rodriquez producono il primo aliscafo del mondo. Nel giugno del 1955, per volontà di Gaetano Martino, la città accolse la “Conferenza di Messina”, passo fondamentale e decisivo verso la costituzione dell’Eratom e della CEE, diventata in seguito Unione Europea. La città vive nei decenni seguenti una fase di boom edilizio e demografico, arrivando alla fine degli anni Ottanta ad una soglia massima di 280.000 abitanti. Queste crescita, alimentata da flussi provenienti dalla provincia e dalla vicina Calabria, non è stata tuttavia accompagnata da un adeguato sviluppo economico/infrastrutturale che solo nei primi anni Duemila ha ripreso, seppur lievemente, un trend positivo. E’ il terziario ad essere il settore trainante dell’economia cittadina, in larga parte per le ricadute dell’indotto portuale. Un’altra fetta consistente di occupati viene assorbita nei servizi pubblici, specie dagli enti locali e dall’Università. Il settore commerciale è particolarmente vivo nel centro città, mentre nella zona sud si trovano diversi punti vendita della grande distribuzione. Il secondario trova spazio nella Zona Industriale Regionale (ZIR), in particolare con attività specializzate nella molitura del grano, nella produzione di caffé, birra ed altri generi alimentari. Il Distretto Artigianale di Ladreria, sempre nell’area meridionale della città, è sede di numerose imprese con produzioni di alta qualità (mobili, materiale prefabbricato e per l’edilizia, nautica). Una menzione a parte merita il settore della cantieristica navale, tradizionale attività cittadina, presente nella zona falcata del porto con grandi e prestigiosi cantieri insieme ad uno storico Arsenale della Marina Militare. Tra le produzioni agricole spiccano gli agrumi con l’autoctono “limone interdonato”, la vite da cui si producono i DOC Faro e Mamertino, ed l’ulivo da cui si ha un ottimo olio DOP.

Infine, il settore turistico fa registrare presenze consolidate nel crocierismo (250.000 arrivi nel 2006) e nelle attività balneari. Le bellezze di Messina, insieme ai poli d’attrazione di Taormina, di Milazzo e delle Isole Eolie, fanno sì che quella messinese sia, dopo Napoli, la provincia più visitata del sud Italia.

 

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Ultimo aggiornamento:  10-01-08                                Copyright 2003-2008                         Per info contattare il  Webmaster