Fossato Ionico        

 

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 Mimmo Pellicanò e Santo Aquilino

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Mimmo Pellicanò e Fabio Macheda

 

STORIA E ORIGINE

Fossato Ionico, fino al 1892 Fossato Calabro, si trova sulla Ionica, ai primi contrafforti dell’Aspromonte e ad un’altezza sul livello del mare di circa 600/650 metri. Dista da Reggio Calabria 41 km. e la si può raggiungere percorrendo la SS Ionica 106 fino al km. 25, e poi, imboccato il bivio per Montebello, si prosegue per circa 16 km per un tragitto di quaranta minuti abbondanti. Lasciata la Statale 106 la strada per un lungo tratto sale dolcemente e la valle che si percorre è abbastanza ampia. Il viaggiatore incontrerà sulla destra salendo un nutrito gruppo di abitazioni che formano l’abitato di Tegani, costruite dall’inizio degli anni ’70 in poi con il trasferimento a valle di parecchie famiglie fossatesi e montebellesi. Qualche chilometro più avanti allo sguardo del viaggiatore appare all’improvviso la maestosa rupe di Pentidattilo. Al di là del torrente S. Elia a qualche centinaio di metri dalla strada provinciale si può ammirare qualcosa di spettacolare. Il massiccio di roccia arenaria su una collina sabbiosa, si innalza per circa duecento metri quasi in verticale, con la caratteristica delle cinque cime di varia altezza a forma di cinque dita rivolte verso  l’alto, appunto Penta Dattilos,  l’etimologia greca che stava ad indicare la forma della roccia, gli ha dato il nome di Pentadattilo nel territorio del Comune di Melito di P. S. (foto1-2). Il paesino, ormai disabitato da tantissimi anni, è lì rannicchiato nell’incavo della mano, su un ripido pendio che porta alla fiumara, dove la stessa si restringe dando luogo ad uno stretto canyon di circa 500 metri di lunghezza per poi allargarsi man mano che si sale lungo la fiumara. La strada attraversa per circa 8 chilometri dei terreni argillosi ultimamente impiantate ad uliveti, ma in buona parte incolti o rimboschiti ad eucalipti, con qualche formazione rocciosa di colore bianco giallastro sulle acclività alla sinistra della strada, le Rocce di Prastarà  ed in cima a delle aspre colline dalla caratteristica colorazione rossastra. Dopo il centro abitato di Masella la fiumara si restringe ancora e le formazioni rocciose sia sulla sponda destra che sulla sponda sinistra fanno da corollario ad un paesaggio brullo, e privo quasi del tutto di vegetazione di alto fusto. Ancora 3 chilometri e il viaggiatore vedrà delinearsi l’abitato di Montebello. A destra, oltre la fiumara formazioni rocciose che assumono diversa colorazione e forme sempre più caratteristiche di monoliti giganteschi. 

   

                (Foto 1) Pentidattilo visto dal mare                (foto 2)  Pentidattilo visto dalla montagna

                        

(foto 3) Le Rocche di Prastarà 

     

                  (foto 4) L’abitato di Masella                           (foto 5) Rocce rossastre

                                   

(foto 6) Rocce a strapiombo sulla strada

        

                  (foto 7) Le Rocce parlanti                           (foto 8) Altre formazioni rocciose

     

(Foto n. 9-10) L’imboccatura Sud dello stretto omonimo - Montebello

La strada costeggia uno stretto canyon per circa un chilometro intagliata sulla viva roccia per poi raggiungere l’abitato percorrendo quattro tornanti stretti fino alla Piazza della chiesa parrocchiale.

L’abitato di Montebello, posto su uno sperone di roccia a strapiombo sulla sua sinistra sull’omonimo stretto e a destra sul torrente Dadora. Lo stretto di Montebello una volta passaggio obbligato per raggiungere Fossato, nella parte in cui le pareti di roccia di un’altezza media di 60/70 metri,  ha una larghezza minima di appena 4/5 metri e dopo due o tre tortuose curve all’altezza della passerella di S. Elena incomincia ad allargarsi man mano ci si dirige verso Fossato e, come d’incanto spariscono le pareti rocciose per dare posto a terreni, sempre molto acclivi ma coperte di vegetazione di alto fusto, come ulivi e querce secolari. La provinciale sempre a mezza costa sulla catena collinosa di destra della fiumara, pur continuando a salire ha curve molto più ampie e qualche rettilineo di breve lunghezza. Essa attraversa ormai una teoria continua di uliveti, drappeggiati da reti di svariato colore, tese sotto le piante per la raccolta del frutto, le olive, risorsa principale del paese.

       

(Foto n. 11-12) Montebello lato Ovest e lato Sud

         

(Foto n. 13-14) Lo Stretto Lato Nord

All’altezza della località Annunziata, la valle si allarga sempre di più e sulla fiumara S. Elia confluiscono altre secondarie, lunghe e di grande portata (a hiumara du Locu, Virgu, U Chiuppu. Con un primo ponte della lunghezza di circa 50 metri la strada attraversa la fiumara di Virgo per raggiungere la frazione Serro, il primo  nucleo abitativo. Subito dopo l’ultima curva di questa frazione si abbraccia con lo sguardo tutta l’ampiezza del paese, le sue frazioni, le sue fiumare e le colline che degradano in parte dolcemente e i parte ripidamente dal massiccio aspromontano.

                            

 (foto 15) La chiesa dell’Annunziata

     

(foto 16-17) La Valle di Fossato

A Sinistra, aggrappato ad una collina argillosa e di frequente franosa si vede l’abitato di San Luca, in basso sempre a sinistra il gruppo di case di Marcelluzzo, poi sempre verso valle la Frazione di Rovere, le case sparse di Calamaci, di fronte il grosso abitato di Fossatello. Ancora a destra e allungando lo sguardo si abbraccia l’intero paese, con in fondo la Frazione Mulino e la località “U Livito” quasi ai piedi del cimitero. Di fronte le nuove e le vecchie palazzine, la conca degli orti di Pampogna e sulla sinistra salendo verso il promontorio di Lungja Fossato nella sua completezza. Il Casaluccio, la Torre, Il Municipio, la Filanda, Giandone, Gurgori e S. Anna.

Datare storicamente nel tempo la nascita di Fossato non è possibile per la mancanza di idonea documentazione presso gli archivi. Per romantica e fantastica avventura, sia per la presenza di località con toponomini di chiara origine romana, vorremmo che Fossato avesse delle origini così nobili ed antiche. Di sicuro il paese, o almeno un piccolo villaggio costituito da alcune diecine di nuclei abitativi doveva per forza esistere agli albori del Medio Evo.

La presenza di ruderi di alcune chiesette certamente erette da monaci basiliani ne sono testimonianza consistente. S. Stasi, ad un chilometro circa dal paese, immersa in un folto oliveto sulla sponda di sinistra della fiumara a circa 50 metri sul livello del greto, con il caratteristico affresco stilizzato sulla fiancata di un muro a secco, intonacato a calce, ormai sbrecciato dal tempo e dall’incuria. La presenza di ruderi, attribuiti ad un’altra  chiesetta in località Pantano Longo su un pianoro che sovrasta l’abitato di S. Luca, ancora e non si sa per quanto tempo sono visibili sul posto tracce di sepolture di età non ben definita. I ruderi del robusto muro perimetrale della chiesa di S. Giovani poco più sopra della Frazione Mulino le cui dimensioni possono, probabilmente distrutta da qualche terremoto nel diciassettesimo secolo.

       

             (foto 18) L’Affresco di Santa Stasi                         (foto 19) I Ruderi di San Giovanni

Da ricerche storiche sul censo a cui erano soggetti gli abitanti di Montebello, effettuate e pubblicate dall’Avv. Domenico Sclapari, si rileva che già nel 1600 in Fossato erano residenti parecchi nuclei abitativi, i cui componenti erano in maggior parte dediti alla pastorizia e all’allevamento di animali domestici di piccola e grossa taglia. Dalla stessa fonte storica si accerta l’intensa coltivazione della vite, e che i grossi proprietari avevano come fattori parecchi massari a loro volta proprietari di armenti e greggi. Le notizie storiche cominciano a prendere corposità, l’incremento della popolazione residente rende necessario la fondazione della prima parrocchia dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, avvenuta nel 1772 con bolla arcivescovile di Sua eccellenza Monsignor Capobianco. Fino a quell’anno la chiesa dittereale esistente faceva parte dei una delle tre parrocchie di Montebello e precisamente della parrocchia di S. Leonardo, quella che fisicamente era più vicina. Lo sviluppo, oltre che delle attività contadine e della pastorizia ebbe probabilmente una certa consistenza quando, i marchesi Piromallo, Duchi di Montebello, proprietari del grosso latifondo fossatese, e residenti in località Annà, costruirono poco più a monte del greto della fiumara la loro casina estiva (A Turri), utilizzata come residenza estiva per sfuggire alle calure estive di Annà e probabilmente per da modo alla famiglia di curare molto da vicino gli interessi del casato.

        

(foto 20-21-22) La Chiesa della Madonna del Buon Consiglio

(foto 23-24-25) A Turri Palazzo Piromalli

Nemmeno di questo grosso edificio si conosce la data esatta della prima costruzione. Considerato che tra il 1882 ed il 1890 fu effettuato il primo ed unico restauro della residenza, dal capomastro A. Pellicanò, si presume che lo stesso edificio fu eretto almeno un secolo prima e cioè più o meno negli stessi anni della fondazione della parrocchia. A testimonianza, sul fianco del muraglione di cinta in pietra rossa del palazzo all’altezza del cancello di ingresso è ben visibile una pietra piatta di colore giallastro con sopra incisa una data: 1892. Fossato dipendeva amministrativamente dal comune di Montebello, ma dal 1805, durante il regno di Napoleone Bonaparte, avuta l’autonomia assunse il nome di: <Fossato Calabro> e con alterna fortuna e reincoporamenti successivi fu autonomo dal comune di Montebello Ionico fino al 1892, data di definitivo accorpamento amministrativo. I terreni agricoli e non di Fossato assumono due caratteristiche fondamentali, la parte bassa della valle di natura argillosa e cretosa con presenza di ciottoli di piccole dimensioni, su cui si è sviluppata con il passare dei lustri una coltivazione intensiva dell’olivo che sostituì completamente quella della vite, molto sviluppata durante il dominio Borbonico; la parte alta, sull’altopiano che si estende fino alle pendici di Montalto, di natura sabbiosa e discreta presenza di conchiglie fossili. Su questi terreni, una volta seminativi a granaglie di vario tipo, rimasti incolti per lunghissimi anni, il consorzio di bonifica su vasta scala negli anni ’50 iniziò su vasta scala il rimboschimento di quasi tutti quei terreni espropriati in via provvisoria ai proprietari d’origine. Grazie al lavoro dei forestali, il paese oggi è circondato per gran parte da pinete che costituiscono un polmone verde di non trascurabile vitalità. Non è raro che in questi terreni, di natura essenzialmente arenaria, trovare anfratti e caverne, che in epoca remota potevano essere di rifugio ai nostri progenitori. Due di queste grotte anche di notevole ampiezza si trovano, una a Nord Ovest e una a Nord Est. La prima in località “A Rutta” in territorio del Comune di Motta S. Giovanni e l’altra “A Lamia”, in un pendio di una valle secondaria sulla strada che da Fossato porta ai campi del Monte Embrisi.

     

(foto 26-27-28) La grotta della Lamia

Appena raggiunto il pianoro di Lungja, ad appena 3 chilometri dal centro del paese, sulla sinistra vi è la chiesetta della Madonna, costruita neglia anni ’90 dagli operai del Consorzio di Bonifica, su iniziativa dell’allora parroco Don Angelo Meduri. Un’ampia radura davanti alla piccola costruzione, libera da vegetazione di alto fusto consente una visione panoramica a lungo raggio. Con le spalle rivolte alla montagna sulla sinistra si possono vedere in lontananza gli abitati di S. Lorenzo, di Bova Superiore, di fronte lo spettacolo delle Rocche di S. Elena e Pentidattilo e il mare. Nelle mattine invernali, con tempo secco facilmente lo sguardo può abbracciare anche l’Etna innevato. Proseguendo subito ai lati di un rettilineo si estende una splendida pineta attrezzata di tavolini, barbeçues, dove la gente nel periodo estivo spesso si reca in cerca di frescura e riposo.

     

(foto 29-30-31) Il Santuario di Lungja e l’area di Picnic

 

LE COLTIVAZIONI

Come detto prima la coltura dell’olivo da olio soppiantò la coltura della vite e dei gelsi. Centinaia di ettari sono impiantate da alberi di olivo di alto fusto, intervallate da querce secolari che stanno a ricordare l’importanza di questa pianta sia come legname da ardere, per costruzioni di infissi, botti e contenitori in legno di media e piccola grandezza, sia come frutto, le ghiande utilizzate come mangime all’allevamento dei suini, praticato da quasi tutte le famiglie fossatesi.

                               

(foto 32) Le reti stese sotto gli ulivi

 

GLI ALBERI DA FRUTTO

Nelle campagne, oltre che le piante di olivo, venivano impiantati anche alberi di frutti di diversa qualità e specie. La coltivazione più intensa era quella delle pere, di nome curioso, di qualità e gusto molto gradevole e di una profumazione intensa. Altre piante di mele, ciliege, nespoli, cachi e pesche erano presenti in quantità molto limitata. A quei tempi la coltivazione delle castagne e dei fichi rappresentavano una grossa fetta del lavoro svolto nelle campagne. Poco prima e poco dopo la seconda guerra mondiale, il commercio della frutta occupava un posto di rilievo nell’economia fossatese. La si vendeva in città che veniva a raggiunta a dorso d’asino attraverso una mulattiera che si raggiungeva in 4 ore circa di viaggio scollinando la montagna ad ovest del paese.   

 

LE COLTURE ORTICOLE

Ogni famiglia aveva il suo piccolo, medio o grande orto. Per il fabbisogno ed il consumo familiare si piantavano legumi quali, fagioli e  ceci, verdura di vario genere, famoso era il cavolo/broccolo fossatese, non di grosse dimensione e di colore verde chiaro e il cavolfiore bianco.. Venivano seminate anche le patate, l’abbondanza di acqua consentiva una coltura intensiva in terreni irrigabili da maggio a settembre.

 

LE TRADIZIONI

Vere e proprie tradizioni nella vita fossatese si possono definire l’allevamento familiare dei suini come scorte alimentari per le famiglie. Ogni anno il 26 dicembre si ripete il rito della macellazione, intere famiglie sono intente e indaffarate ad ammazzare il maiale. Vengono prodotti squisiti salumi e deliziose soppressate, e soprattutto i capocolli ed infine la tradizionale frittolata che ancora oggi riunisce familiari ed amici  intorno ad un ricca tavolata a gustare ancora sapori antichi.

 

LE MANIFESTAZIONI

1 Religiose;

2 Civili.

1 e 2 Le manifestazioni religiose abbracciano quasi l’intero anno. Il 17 gennaio si comincia con la processione della statua di S. Antonio Abate, protettore degli animali domestici, rito molto sentito dalla comunità di origine contadina. Il 25 Marzo la processione della Madonna dell’Annunziata. A circa 2 chilometri dal paese sulla sinistra della fiumara S. Elia, nel passato è stata eretta una piccola chiesetta (patronale) dedicata alla Madonna. La località dove sorge la piccola costruzione segna fisicamente il confine del territorio fossatese da quello montebellese. All’interno della chiesa uno stupendo quadro che rappresenta l’annunciazione della Beata Vergine. La tradizione vuole che la sacra effige per l’intero anno sia custodita nella chiesa arcipretale di Montebello e, il 25 marzo, portata in processione lungo il greto del torrente fino al piccolo santuario, ma, giunti a qualche centinaio di metri dallo stesso il quadro viene preso in consegna dalla comunità fossatese che provvede alle funzioni religiose, alla processione per poi riconsegnarlo di nuovo ai montebellesi per la custodia fino all’anno successivo. I riti liturgici della settimana santa, la via Crucis nel periodo di Pasqua. La processione del Corpus Domini, la caratteristica infiorata per le vie del paese con fermate e piccole funzioni presso i diversi altarini eretti nelle varie frazioni.

                 

               (foto 33) La processione di S. Antonio Abate                (foto 34) La Madonna del Carmine  

                    

(foto 35-36) La Madonna del Buon Consiglio

La processione della Statua della Madonna del Carmine il 16 luglio, ed infine i solenni festeggiamenti in onore della

Santa Padrona, la Madonna del Buon Consiglio, l’8 settembre che coincide anche con le manifestazioni civili con spettacolo musicale in piazza.

Per il periodo di natale, la novena, cioè la celebrazione della Santa Messa alle 5 del mattino.

Le manifestazioni civili, nel periodo estivo con il rientro degli emigrati per le vacanze, sono concentrati nel mese di Agosto. Nella prima quindicina da qualche anno per tre giorni l’attrazione principale è la Sagra dell’olio d’oliva e dei prodotti tipici fossatesi, con spettacoli musicali in piazza e degustazione dell’olio e dei salumi prodotti in loco. Il 27 la tradizionale fiera di S. Filomena, una volta grande mercato di bestiame e attrezzi agricoli, ora solamente qualche bancarella di extra comunitari che espongono tappeti, articoli casalinghi e giocattoli, ma pur sempre una tradizione rimasta nei costumi fossatesi.

I festeggiamenti civili in onore della santa patrona che coincidono con quelli religiosi l’8 settembre.

      

(foto 37-38) La Sagra dell’olio di oliva e la Fiera di Santa Filomena

 

COSA VEDERE

Di cose d’interesse artistico rilevante, purtroppo in paese ce ne stanno poche:

a)   Il palazzo dei Marchesi Piromallo, meglio identificato come “A Turri”, si trova all’inizio del paese a circa 200 metri da Piazza Municipio, una imponente costruzione del 18° secolo, una volta residenza estiva del Marchese. Esternamente la costruzione sembra ancora reggere l’incuria e le intemperie, ma gli interni sono in completo abbandono e dei magnifici saloni di cui si è sentito tanto parlare e raccontare da chi ha avuto nel passato la fortuna di visitarli, si sa che sono in condizioni disastrose. Il corpo centrale dell’edificio è arretrato di circa un metro rispetto alle torrette laterali alla sommità delle quali a recinzione dei terrazzini si può vedere la caratteristica merlatura dei vecchi castelli.

             

(foto 39-40) Gli affreschi dei soffitti all’interno

b)  La copertura dell’edificio in tegole rosse nella parte esposta ad ovest è sprofondata sul sottotetto per circa una ventina di metri quadri. Il legname a sostegno del tetto in più parti presenta i segni delle intemperie. Nella costruzione del sottotetto, l’architetto o mastro muratore, per renderlo più leggero aveva utilizzato dei piccoli vasi ovali di terracotta (i carusedhi), ancora visibili. Avanti all’edificio un grande piazzale contornato da vecchi alberi di acacia, i resti di una rigogliosa vegetazione a ricordo di aiuole sempre fiorite e roseti dai colori splendidi. La costruzione ed il piazzale, ancora fino a circa 40 anni fa, erano chiusi da alte mura in pietra rossa e da due grandi cancelli in ferro sul lato est ed ovest ed uno più piccolo posto sul lato nord. L’accesso era riservato solo ai proprietari, e a distanza di anni, anche se agli ingressi sono state posizione delle traghe in marmo con la dicitura: “Villa Torre – divieto di ingresso” il transito è pubblico, sia pedonale che veicolare. Solo in occasione della Sagra dei prodotti tipici fossatesi, il piazzale viene ripulito dalle erbacce, ed il terreno cosparso di ghiaietto per l’appianamento delle numerose buche che durante le giornate di pioggia si riempiono di acqua e fango. Dell’antico splendore sono rimasti solo i ricordi sempre più annebbiati  di un passato recente quando ancora l’edificio era abitato da diverse famiglie.

c)  Il palazzo Guarna. Lungo la Via Leone Sgro sulla sinistra restano le mura perimetrali del palazzo Guarna, il tetto ed i pavimenti in legno sono crollati qualche anno fa in seguito ad un furioso incendio. Resta solamente il portale dell’ingresso principale, in pessime condizioni, scolpito e stilizzato in pietra bianca.

               

(foto 41-42) Palazzo Guarna

     d) La chiesa parrocchiale. Al centro del paese su un pianoro che domina la Piazza Leo Sgro da una parte e sovrasta la Piazza Municipio dall’altra. Restaurata più volte nell’ultimo secolo, e recentemente rifatto il tetto, i pavimenti e le pareti interne, queste ultime arricchite di ottimi mosaici raffiguranti la sacra Famiglia, ed altri santi. Sopra, quello che fu l’altare maggiore, è esposto il santo quadro della Madonna del Buon Consiglio, la patrona del paese, di chiara scuola napoletana ma di autore ignoto. Degli arredi originali non è rimasto più nulla, scomparso l’organo, le lampade, le statue dei Santi ed i confessionali, la balaustra curvilinea in legno ai lati delle pareti che divideva l’abside dal pronao, anche le due campane fuse nel 1770 (din la piccola e don la grande) sono state rimosse dal campanile per paura che crollassero, sostituite da un impianto stereofonico che diffonde i rintocchi, la cadenza delle ore, l’Ave Maria, il mattutino e il vespro con toni ormai uguali e monotone per tutte le chiese.

       

(foto 43-44) La Chiesa Parrocchiale

Qualche tempo fa un amico emigrato da piccolo in Francia ebbe a dire nostalgicamente: "Fossato manca a chi l’ha dovuto abbandonare, non esiste per chi ci vive, la quotidianità del presente annebbia loro la vista e non lo vedono".

 

A cura di Mimmo Pellicanò e Santo Aquilino per www.fossatoionico.it

 

 

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Ultimo aggiornamento:  04-01-08                                Copyright 2003-2008                         Per info contattare il  Webmaster